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Re: Labocontest n.2 - Discussione generale - POV in prima persona

Spero di dare un contributo che possa interessare qualcuno di voi.
Ho trovato questi esempi di errata gestione del POV in prima persona:

Il link di riferimento è questo: https://immersivita.it/il-punto-di-vista-pov/

Questo l'estratto:

Scrivere in prima persona è particolarmente difficile perché significa calarsi al 100% nell’eroe: pensare con la sua testa, guardare coi suoi occhi, parlare col suo registro e il suo bagaglio di conoscenze. Per questo motivo è facile, specie se si è alle prime armi, commettere incoerenze. Esempio:

Mi sfilo lo scaldacollo e spingo la porta a vetro del negozio. Giancarlo armeggia col registratore di cassa. Alza gli occhi, mi abbaglia con un sorriso a trentadue denti.
«Ma buongiorno!», urla. È tornato lo sfigato, pensa. Ma perché viene qui ogni santo giorno?

L’errore sta nel fatto che il personaggio POV, cioè la voce narrante, non può sapere cosa pensano gli altri personaggi. Voi riuscite a leggere nel pensiero?

Aprii l’armadio e m’infilai tra le camicie con un fruscio. Richiusi l’anta; buio totale, e un lieve profumo di lavanda.
Martino si precipitò nella stanza. Strizzò gli occhi e si guardò intorno. Lo sguardo cadde sulle macchie di sangue che avevo lasciato sul materasso.

Qui assistiamo a un altro tipo di errore, altrettanto comune. Il personaggio punto di vista si nasconde in un armadio, eppure vede perfettamente i gesti di Martino. È possibile che senta i passi, certo, ma niente di più.

Mando giù una forchettata di arrosto. Squisito, Elettra si è superata. Nel frattempo, lei approccia il portone di casa. Tira fuori le chiavi dalla borsa.

La narrazione in prima persona non vuole mai un cambio di luogo o un qualsiasi allontanamento dal personaggio POV; è come se uscissimo dal nostro corpo in un’esperienza extrasensoriale. Potrebbe essere accettabile solo in una simile, curiosa evenienza.

Ma vediamo un altro esempio. Siamo nella Roma antica.

Il padrone afferrò lo scudiscio. «Prendi, Nicia. Così imparerai la disciplina». Mi sferzò la schiena.
«Ahia! Ma sei matto?», gridai. «Hai mai pensato a una terapia di gestione della rabbia?».
Il padrone mi frustò di nuovo. «Silenzio, stupido schiavo!».
Iniziai a piangere. Proprio un padrone nevrotico mi doveva capitare!

Qui c’è un altro errore classico e terribilmente grave: il registro. Ai tempi dei Romani non esistevano concetti moderni come nevrosi, terapie per la gestione della rabbia o cose simili, né ci si esprimeva come nelle commedie americane.

Ancora:

«Tanti auguri Gigino!». Mamma mi prende in braccio. «Tre anni! Ti stai facendo grande».
Mi sfugge una risata amara. «Grazie. Spero di crescere come si deve e di non commettere i vostri errori».
Mamma mi rimette giù. Il suo caldo abbraccio mi viene subito a mancare, e si tramuta in gelida nostalgia.

Può mai un bambino di tre anni parlare o pensare in questi termini? Scusabile solo nel caso in cui ci trovassimo nel mondo di Un genio in pannolino, forse il peggior film della storia.

Mi rigirai il portatile tra le mani. Non avevo mai toccato un computer prima d’ora. Roba da sfigati.
Presi il cacciavite e aprii lo sportello inferiore. Estrassi la batteria e la scheda RAM. Sollevai la tastiera: ecco la ventola e il processore. Soffiai via la polvere dalla scheda video.

Bene, se quest’uomo non ha mai toccato un computer, come fa a saperlo aprire (cosa non scontata coi portatili) e a conoscere così bene i componenti? Impossibile. Incoerente. Dovete attenervi al personaggio. Fatelo e non sbaglierete.

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