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Re: Ossessione al funerale

Dopo avere letto poche righe, ho quasi deciso di mollare l'osso. Troppa fatica, come avrebbe detto il mio magister. 
Se qualcuno avesse criticato con severità il mio primo "lavoro", quanti errori avrei evitato? 
Per questo motivo, mi auguro che Melo non si offenda, e che non desista. 
Non sono riuscito, perché sono un imbranato, a riportare come si deve le citazioni, ma spero che il testo sia comprensibile comunque.




1) Nel 1915 le motivazioni per cui vivere – se donna - erano prettamente due: crescere i figli per far in modo di vederli come ometti grandi e cresciuti, come frassini piantati in tempi dimenticati, o per aspettare il proprio uomo al ritorno da un campo di battaglia, per poterlo accogliere come se non se ne fosse mai andato, tra lacrime e contentezza.

Gli avverbi in ente, come il prettamente, non sono più di moda. Spesso, come in questo caso, non servono “assolutamente”.
I motivi sembrano tre. La donna nel 1915 cresce i figli per vederli, per aspettare e per potere accogliere. Così avresti scritto.
Le motivazioni, almeno così interpreto, sono due: crescere i figli e aspettare il proprio uomo, ma senza il “per” aspettare. Altrimenti i figli crescono per aspettare il proprio uomo, e per poterlo accogliere.
Piantati e dimenticati sono due “ati” molto vicini.
Crescere e cresciuti molto vicini.
Il “proprio” uomo è inutile: la donna potrebbe aspettare un uomo altrui?

Suggerirei:
Nel 1915, le motivazioni per vivere – se donna - erano due: educare i figli, per vederli grandi e cresciuti come frassini piantati in tempi lontani, e aspettare il marito di ritorno dal campo di battaglia, per accoglierlo come se non fosse mai partito, tra lacrime e contentezza.




2) La nostra Miranda, protagonista della storia che andrò a narrare, non possedeva nessuna delle due cose, o meglio: bambini non ne aveva avuti, né frassini; però un marito l’aveva, da ormai molti anni. Sfortunatamente perse la vita: non nei campi di battaglia o durante un viaggio in capo al mondo, ma a casa, nella quiete e nel silenzio di quattro gelide mura.

Il narratore si rivolge direttamente al lettore, e spiega che Miranda è la protagonista del racconto. È l’effetto “c’era una volta” delle favole. Se voluto, funziona.
Qualche incertezza nei verbi, che andrebbero “accomodati” meglio, come altri hanno già notato.
“Sfortunatamente” è un altro avverbio in ente inutile: difficile perdere la vita “fortunatamente”…
I campi di battaglia compaiono due volte in poche righe: “non in guerra” forse meglio per evitare la ripetizione.
“Quiete e silenzio” sono “quasi” sinonimi: meglio uno solo?




3) Poco dopo la scomparsa dell’uomo, la vedova organizzò rapidamente il rito funebre, così da poter lasciare tutto quel dolore alle spalle: invitò gli amici di una vita, quelli con cui il marito giocherellò da giovane e tutte le varie conoscenze disperse per il piccolo borgo in cui abitavano.

“Poco dopo” è ovvio, anche perché sarebbe strano organizzare il rito “poco prima”.
Comunque sia, “Poco dopo” viene ripetuto con il “rapidamente” (altro avverbio in ente) successivo.
Scritto così, sembra non solo che il rito sia stato celebrato poco dopo, ma anche “velocemente”, cioè “frettolosamente”, e non “subito dopo”.
“così da poter lasciare tutto quel dolore alle spalle” è “contorto” da un inutile verbo servile. Per lasciarsi il dolore alle spalle.
Il marito giocherellò da “giovane”. Giovane è anche un ventenne.
“Disperse nel piccolo borgo”. Se il borgo è piccolo, come disperdersi? Ma esistono i “grandi” borghi?
Perché varie?
Suggerirei:
invitò gli amici di una vita, quelli con cui il marito giocherellò da bambino, e tutti gli abitanti del borgo.




4) I presenti rimuginavano sulla vita passata che non tornerà più: ai momenti di gioia e tristezza passati con il defunto, al significato di perdere un caro amico non poi così in avanti con l’età; il loro animo si fletteva costantemente sotto la forza del dolore e fiumi di lacrime tracciarono le loro guance, mentre caldi abbracci come di quelli che non vogliono sottomettersi alla morte furono dati.

I presenti rimuginavano sulla vita passata che non tornerà più. Difficile rimuginare sulla “vita passata” che “tornerà”. Ripetitivo e ovvio.
Non si rimugina ai momenti o al significato. Si rimugina sui momenti o sul significato, o si rimuginano i momenti e il significato: https://www.treccani.it/vocabolario/rimuginare/
“Costantemente” è l’ennesimo avverbio in ente. Meglio limitarne l’uso con i verbi che non necessitino dell’aiuto di avverbi.
Altri piccoli disordini con i verbi un po’ ovunque.




5) Miranda rimaneva in piedi, in una simmetria a dir poco deliziosa, con il capo chino a guardare la fossa ai suoi piedi con il velo che le copriva il volto.

Rimaneva in piedi …  la simmetria… guardare con il capo chino (ma non si guarda con gli occhi? Si guarda a capo chino)… la fossa ai suoi piedi (dove altrimenti sarebbe potuta stare la fossa se non ai piedi di chi sta in piedi?)… con il velo che le copriva il volto (velo copriva volto, “ve” “va” “vo” con effetto trentatré trentini).
In piedi, il capo chino nascosto da un velo, Miranda guardava la fossa.




6) Ovviamente qua stiamo esperendo un evento in cui io, oggettivamente, conosco e posso raccontare, ma ovviamente i presenti non potevano minimamente immaginare tutto quello che ella stava pensando. La componente interiore della nostra essenza risulta talmente personale e soggettiva che è estremamente difficile poter cogliere precisamente quello che una persona stia provando: si può generalmente comprendere il lato più esteso dello stato d’animo, delineando su per giù una riga abbozzata e superficiale, ma mai si potrà capire la somma di essi e come possono venire in realtà percepiti.

Ma quanti “ente” in fila?
“Esperendo” ormai lo trovi solo sulla Treccani.
Ok: meno avverbi, gerundi e verbi servili e, con la pratica, tutto filerà per il giusto verso.




7) La vedova dunque, salutò ogni persona in quel funerale; ringraziò ogni singola anima che concedeva a lei la comprensione del lutto e si perdeva in chiacchiere più o meno impegnate atte a ricordare lo spirito divertente e rigoglioso del marito. Chiaramente alcuni pensieri si rivolsero anche alle difficoltà degli ultimi tempi: Miranda e il marito stavano ormai, da alcuni anni, riscontrando pesanti difficoltà economiche e vista l’ormai lontananza di lui dal mondo terreno, una sua amica le ricordò che poteva chiedere l’indennizzo della vedova, almeno per sostentarsi nel breve periodo. Miranda accolse ogni consiglio e conforto, ringraziò ogni sua conoscenza e si sfogava della dolorosa perdita con pianti e singhiozzi, nonostante questo, non perdeva occasione di ricordare anche momenti splendidi condivisi con il compagno, per poter alleviare, o cercar di alleviare, una condizione irreparabile.

Perché “dunque”?
Le chiacchiere sono per antonomasia sempre più o meno impegnate
“Atte a ricordare” non lo leggevo da un pezzo…
Qualche guaio di punteggiatura e con i tempi verbali.
Provo a consigliare qualche modifica (un po’ al volo…).

La vedova salutò tutti e ringraziò ogni singola anima per la partecipazione al lutto. Si perse in chiacchiere sullo spirito divertente e rigoglioso del marito. Raccontò anche i problemi degli ultimi tempi: da alcuni anni, Miranda e il marito si erano ritrovati in pesanti difficoltà economiche. Un’amica consigliò di richiedere l’indennizzo per le vedove, almeno come sostentamento per un breve periodo. Miranda ringraziò, e accolse ogni consiglio e conforto. 
Si sfogò con pianti e singhiozzi, e cercò di alleviare il dolore con il ricordo dei momenti splendidi vissuti con il compagno.




8) Questo fu sicuramente quello che tutti gli amici e conoscenti videro, ma io sapendo, capii quanto l’apparenza fosse potente, soprattutto con amici di lunga data.  Mentre Miranda stringeva mani, abbracciava e si appoggiava con il viso sulle spalle degli amici, lei dentro ardeva di un’insana contentezza: quando sapeva di non poter essere vista, quasi non riusciva a trattenere un ghigno, la sola possibilità di essere colta in quella dissonante azione lo rendeva irresistibile per lei. Nel profondo della sua anima era focosamente felice, con il suo spirito rideva di gran gusto e crebbe in lei la convinzione che non sarebbe riuscita a resistere a lungo. Alienandosi dall’esterno, dunque, incominciò una conversazione con sé stessa, atta a mettere ordine nei suoi pensieri.

Avverbi, verbi servili e gerundi da “uccidere”. “Atto a” o “atta a” è un tic verbale, e un modo di parlare d’altri tempi. Disordine nei tempi verbali. Un’occhiatina alla consecutio?




9) “Ah-Ah stupido vecchio! Ti ho sempre disprezzato, come Elettra e Oreste odiano Clitennestra, il più nero odio ha sempre ribollito in me. Nei tuoi confronti ho forse, in qualche caso, provato una scintilla di leggera amicizia, ma ogni tua azione, anche la più piccola espressione della tua essenza, del tuo modo di fare, di qualsiasi cosa comprendesse il tu, mi provocava nausea e volta stomaco. Sono rimasta con te per pura e semplice necessità personale: è molto più facile essere accasata che zitella, sia socialmente che per opportunità, sicuramente di questo ti devo ringraziare! Ah-Ah.

A parte tutti i problemini suddetti, e risolvibili, la nostra signora, in vita nel 1915, a quale ceto apparteneva? Per intenderci: quando parla a se stessa, come dovremmo farla parlare? Se parla di Elettra e Oreste, qualcosina dovrebbe avere studiato: di buona famiglia? Ma se è una popolana, la donna di un paesello, allora dovrebbe imprecare con male parole. Qui viene rappresentata come una persona bene educata, dall’eloquio forbito e… trattenuto.




10) Quante volte ti guardavo dormire e fantasticavo su come poterti togliere la vita, questo capriccio mi ha coccolato sensibilmente e mi ha accompagnato insieme all’odio che ho sempre provato nei tuoi confronti: mi sarebbe piaciuto stritolarti il collo, pugnalarti al cuore così da renderti conscio dell'atto, per un breve attimo, durante tua dipartita; avrei voluto sedarti e murarti vivo tanto è l’odio che come un vulcano era impaziente di esplodere. Ora sento una frenesia senza pari e da donna quale sono, capii che l’unica arma che potesse fondere quello che provavo per te e la mia indole comunque riconosciuta come posata e rispettosa fosse unicamente il caro e antico veleno. Così ho fatto, ti ho avvelenato brutto maiale! Il piacere che ho provato vedendoti spirare è incomprensibile, è genuino, perfetto. Più forte di qualsiasi cosa io abbia mai provato. Ah-Ah stupido cadavere avvizzito, per me risultavi decrepito nei tuoi trent’anni, quante emozioni ho tenuto da parte per arrivare a questo momento, quanta ira e profondo rancore ho soppresso nel nome dei miei bisogni: rido dentro e non smetterò per molto, moltissimo tempo. Rido interamente di te e continuerò anche quando ti raggiungerò nell'oltretomba!”

Che vedova cattiva! Evidenzio avverbi in ente e verbi servili. Ancora qualche incertezza di punteggiatura e di consecutio.




11) Questo susseguiva ossessivamente nella sua testa, lo ripeté più volte come per compiacersi di quello che aveva fatto e per passare in rassegna al gesto, alla splendida esplosione di sentimenti che le provocava. Ricominciava e ricominciava, non riusciva a non crogiolarsi in questo circolo infinito mentre contemplava la salma del marito. Continuava ancora e ancora, perdendo il conto di quante volte ricalcò gli stessi pensieri. Miranda poco dopo, tornò inevitabilmente alla realtà: appoggiata sulla sua spalla una mano grande e robusta la stringeva. Era la legge. Stava, a sua stessa insaputa, urlando tutto quello che pensava e, le persone presenti, stavano ascoltando.

Questo susseguiva ossessivamente nella sua testa.
A parte l’avverbio in ente, con tutte le esse in fila pare uno scioglilingua, anche perché la versione corretta in italiano è Questo si susseguiva ossessivamente nella sua testa.

In “non riusciva a non crogiolarsi” trovo due cacofoniche negazioni in fila. Suggerisco, per esempio, “insisteva nel crogiolarsi”.

Evidenzio stava e stando vicini, ma non orribili.

Stava a sua stessa insaputa è un altro scioglilingua.


Che dire, @Melo ?
Dal tuo modo di scrivere emergono buona volontà e molte lacune.
Le elenco:

 1) problemi di consecutio temporum;

 2) avverbi in "ente" ovunque. L'avverbio viene aggiunto per "aiutare" il verbo. La maggior parte degli editor preferirebbe l'uso di un verbo che non abbia necessità di essere "aiutato";

 3) gerundi ( in ando ed endo) che generano un'eco costante e poco gradevole. Inoltre, il gerundio indica una contemporaneità dell'azione, talvolta    difficile da rispettare;

 4) abuso verbi servili che non "servono";

 5) ingenuità nella costruzione delle frasi, del tipo sfortunatamente perse la vita;

 6) aggettivi possessivi che non servono e non spiegano che cosa sia mio, tuo, suo, nostro, vostro, loro, eccetera;

 7) ripetizioni degli stessi termini (parole) in poche righe;

 8) sinonimi accoppiati e riferiti allo stesso termine;

 9) ricorso a frasi a effetto scioglilingua (i trentatré trentini che vennero da Trento trotterellando, la biscia striscia sull'asse liscia);

10) Incertezze sul punto di vista;

11) problemi di punteggiatura.

Non reputo un errore il fatto che lo scrittore si rivolga direttamente al lettore, ma l'effetto deve essere voluto.

Consigli: leggere tanto, anche generi che non ti piacciono; un ripassino scolastico alla grammatica e alla sintassi; ultimo, ma solo in ordine di tempo, un manualetto di scrittura creativa.
Un premio all'idea e alla buona volontà.

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