[CP18] - Impastato

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Blackout Poetry
"Diario del primo amore"
.
Impastato 

Continuati pensieri 
prima del giorno
Forestieri quei moti 
di acerbo ritorno 

Ore della memoria,
solissimo schivo 
la nausea in petto, 
disprezzo la gloria 

Non tenero schiavo
benché come ieri 
è nato dal diletto 
il mio verso restio 
Diario del primo amore
Svegliatomi prima del giorno (né più ho ridormito), mi sono ricominciati, com’è naturale, o più veramente continuati gli stessi pensieri, e dirò pure che io avea prima di addormentarmi considerato che il sonno mi suole grandemente infievolire e quasi ammorzare le idee del giorno innanzi specialmente delle riforme e degli atti di persone nuove, temendo che questa volta non mi avvenisse così. Ma quelle per lo contrario essendosi continuate anche nel sonno, mi si sono riaffacciate alla mente freschissime e quasi rinvigorite. E perché la finestra della mia stanza risponde in un cortile che dà lume all’androne di casa, io sentendo passar gente così per tempo, subito mi sono accorto che i forestieri si preparavano al partire, e con grandissima pazienza e impazienza, sentendo prima passare i cavalli, poi arrivar la carrozza, poi andar gente su e giù, ho aspettato un buon pezzo coll’orecchio avidissimamente teso, credendo a ogni momento che discendesse la Signora, per sentirne la voce l’ultima volta; e l’ho sentita. Non m’ha saputo dispiacere questa partenza, perché io prevedeva che avrei dovuto passare una trista giornata se i forestieri si fossero trattenuti. Ed ora la passo con quei moti specificati di sopra, e aggiungici un doloretto acerbo che mi prende ogni volta che mi ricordo dei dì passati, ricordanza malinconica oltre a quanto io potrei dire, e quando il ritorno delle stesse ore e circostanze della vita, mi richiama alla memoria quelle di que’ giorni, vedendomi dintorno un gran voto, e stringendomisi amaramente il cuore. Il quale tenerissimo, teneramente e subitamente si apre, ma solo solissimo per quel suo oggetto, ché per qualche altro questi pensieri m’hanno fatto e della mente e degli occhi oltremodo schivo e modestissimo, tanto ch’io non soffro di fissare lo sguardo nel viso sia deforme (che se più o manco m’annoi, non lo so ben discernere) o sia bello o chicchessia, né in figure o cose tali; parendomi che quella vista contamini la purità di quei pensieri e di quella idea ed immagine spirante e visibilissima che ho nella mente. E così il sentir parlare di quella persona, mi scuote e tormenta –come a chi si tastasse o palpeggiasse una parte del corpo addoloratissima, e spesso mi fa rabbia e nausea; come veramente mi mette a soqquadro lo stomaco e mi fa disperare il sentir discorsi allegri, e in genere io tacendo sempre, sfuggo quanto più posso il sentir parlare, massime negli accessi di quei pensieri. a petto ai quali ogni cosa mi par feccia, e molte ne disprezzo che prima non disprezzava, anche lo studio, al quale ho l’intelletto chiusissimo, e quasi anche, benché forse non del tutto, la gloria. E sono sorvegliatissimo al cibo, la qual cosa noto come non ordinaria in me né anche nelle maggiori angosce, e però indizio di vero turbamento. Se questo è amore, che io non so, questa è la prima volta che io lo provo in età da farci sopra qualche considerazione; ed eccomi di diciannove anni e mezzo, innamorato. E veggo bene che l’amore dev’esser cosa amarissima, e che io purtroppo (dico dell’amor tenero e sentimentale) ne sarò sempre schiavo. Benché questo presente (il quale, come ieri sera quasi subito dopo il giuocare, pensai, probabilmente è nato dall’inesperienza e dalla novità del diletto) son certo che il tempo fra pochissimo lo guarirà: e questo non so bene se mi piaccia o mi dispiaccia, salvo che la saviezza mi fa dire a me stesso di sì. Volendo pur dare qualche alleggiamento al mio cuore, e non sapendo né volendo farlo altrimenti che collo scrivere, né potendo oggi scrivere altro, tentato il verso, e trovatolo restio, ho scritto queste righe, anche ad oggetto di speculare minutamente le viscere dell’amore, e di poter sempre riandare appuntino la prima vera entrata nel mio cuore di questa sovrana passione.
Hai mai assaggiato le lumache?
Sì, certo
In un ristorante, intendo

Re: [CP18] - Impastato

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@NanoVetricida  alla luce del tuo testo, estratto della stessa traccia usata da @Alberto Tosciri, mi viene da pensare che il pezzo di Giacomo Leopardi sia stato quello che ha offerto maggiori e migliori opportunità per creare una poesia ricca di pathos e significato, nonché una lunghezza apprezzabile che premia il vostro impegno.
Anche questa, come quella del fuggiasco, rimanda al rifiuto della gloria, mentre il dolore passato porta il tuo personaggio a isolarsi. La scrittura, infine, si manifesta come una sua personale risorsa.
Hai saputo mostrare una  buona introspezione, in più, il testo non vacilla sotto la minaccia dell'incoerenza. La lettura è poetica (grazie all'eleganza di Leopardi, certo, ma grazie anche alla tua sensibilità).
I miei complimenti vanno anche a te. 

Re: [CP18] - Impastato

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NanoVetricida wrote: Sun May 04, 2025 3:43 pmè nato dal diletto 
il mio verso restio 
Questi due versi valgono da soli un plauso!  (y)

Però, scusa la pedanteria, ma, nel citare la traccia, hai omesso il Grande Autore. Ti consiglio di fare aggiungere a "Diario del primo amore" di Giacomo Leopardi. Anche perché, tra poco tempo, queste poesie finiranno tutte nel calderone della Poesia del CdM, slegate dal Topic ufficiale con tutti i dettagli, vero @Sira:)

Sei stato proprio bravo, con la sensibilità poetica dimostrata nell'"estrazione". E anche il ritmo dei versi, come li hai cadenzati bene. Complimenti!

Ho tanta curiosità di vederti all'opera nel prossimo Contest di poesia, senza tecniche come questo, senza "rete". Spero ti butterai, perché è adrenalina, l'hai capito.  :si:  
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [CP18] - Impastato

5
Sei riuscito nella non facile impresa di omaggiare Leopardi non solo nel senso, ma anche nella costruzione metrica: la preponderanza di senari, pur non essendo il senario un metro leopardiano, conferisce alla tua poesia un'allure ottocentesca che mi piace.
Particolarmente interessanti i versi finali:

è nato dal diletto
il mio verso restio

nei quali mi pare di scorgere un'incursione metaletteraria (l'io lirico che trae diletto dalla partecipazione al contest). Il penultimo verso, inoltre, per un pelo non è un altro senario: "nat'è dal diletto". Ma l'ordine del testo non lo permetteva.

Molto bravo, @NanoVetricida.
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Re: [CP18] - Impastato

6
@NanoVetricida stupenda.
Armoniosa, melodica, evocativa, emozionante.

E concordo con @Ippolita riguardo l'incursione metaletteraria, anche a me è arrivato questo messaggio e l'ho apprezzato molto.

Una di quelle poesie da leggere e rileggere all'infinito, a distanza di anni e di età.

Re: [CP18] - Impastato

7
Non sono certo di aver capito molto il testo, credo si tratti del tormento interiore (penso a quando uno di notte non dorme per i troppi pensieri). Però nella forma... credo che il wow di Ippolita qualche commento fa sia il commento più appropriato. :o 
https://www.facebook.com/curiosamate

Re: [CP18] - Impastato

9
@NanoVetricida

Naturalmente non sono propriamente in grado di analizzare un testo poetico, specie con la Blackout Poetry.
Hai scelto lo stesso testo del Leopardi che ho scelto anche io e un po’ mi ci trovo, ma ogni interpretazione sarebbe puramente soggettiva.
Il personaggio che hai estrapolato è anche lui un isolato che disprezza però la gloria, per ottenere la quale implicherebbe un contatto, un confronto con i suoi simili. Argomento tortuoso.
Anche a me hanno colpito questi due ultimi versi:
NanoVetricida wrote: Sun May 04, 2025 3:43 pmè nato dal diletto 
il mio verso restio 
Ci vedo, ma la mia è un’iperbole, quasi un senso di gioia, per quanto amara, da parte di ques’uomo in disparte dai suoi simili. Un desiderio comunque, e nonostante tutto, di esternare la sua condizione ai propri simili, pur fra innumerevoli titubanze.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [CP18] - Impastato

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Sì, Alberto, più che senso di gioia è un senso di fierezza (ovviamente non riferito a me che sono un cretino, ma a chi è dedicata la poesia). Il significato che volevo dare alla poesia (purtroppo a causa della mia scarsezza macroscopica) credo che non l'abbia recepito nessuno. Magari domani, dopo le votazioni, spiego cosa volevo comunicare... 
Hai mai assaggiato le lumache?
Sì, certo
In un ristorante, intendo

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